domenica, luglio 09, 2006

VIVA L'ITALIA

Stamattina sono uscito per comprare giornali e sigarette. La città delle domeniche estive è bella, tranquilla, seguendo i parallelepipedi d'ombra dei palazzi, lasciando scorrere lo sguardo sulle strade deserte, guardando le finestre cieche e i balconi fioriti.
Tra qualche ora l'Italia si sveglierà febbricitante di passione calcistica e se l'Italia vince e sarà tetracampion (come direbbero i brasiliani)sarà una grande festa.
In questa frenesia di festa, baldoria, euforia collettiva, c'è, senza fare facili sociologismi, il bisogno di riscoprire che siamo vincenti, che non c'è solo il declino, che si può convivere e appassionarsi a un'identità comune al di là dell'eterna guerra delle corporazioni, delle lobby, dei partiti e partitini, delle cordate, dei furbetti del quartierino e dei furboni del condominio dei poteri forti, delle intercettazioni globali (altro che "Echelon"!), e dei titoli sparati sui giornali, delle richieste di amnistia per calciopoli e dei processi sommari che rischiano di creare un contenzioso infinito (non ha detto Della Valle che andrà alla Corte europea di Strasburgo?).
Tutto si mischia in questa temperie calcistica, tutto si ferma e si sospende: eppure l'Italia oggi non sono solo le piazze e i maxischermi, i cortei di motorini e di auto imbandierate, le ragazze abbronzate e provocanti, i ragazzi a mostrare i pettorali palestrati e urlare; oggi, come ieri, come domani, ci sono i più sfortunati, gli anziani soli che boccheggiano soli nelle piccole case coi ricordi polverosi, i malati che inseguono la loro personale vittoria (la vita e la guarigione) nelle corsie degli ospedali, la nostra vita precaria, fatta di piccole gioie e grandi tragedie.
Viva l'Italia, sì, e vinca l'Italia; il Padreterno, neutrale per definizione, ricordi che il suo Vicario in terra abita a Roma e non a Parigi, non dimentichi che la Francia è molto laica, e anche tanto presuntuosa nella sua idea di autosufficienza e grandeur. E se possibile, ci dia anche un "aiutino". Ma soprattutto pensi che, chissà, forse una vittoria dell'Italia potrà dare un sussulto di gioia anche a chi soffre e ha ben altro a cui pensare che a un pallone che rotola sul prato verde dello Stadio dove Hitler voleva celebrare i successi della razza ariana e si trovò, scornato, ad assistere al successo del nero Jesse Owen.
E se andasse male, poi, pazienza, è più importante vincere altre battaglie, quelle quotidiane dei vecchi, dei poveri, dei malati, delle famiglie, della solitudine, dell'infelicità, di Pessottino che è caduto nel buco nero della depressione e che deve tornare alla vita, a sua moglie, alle sue figlie.
Ma se va bene, in fondo, è meglio.