domenica, febbraio 04, 2007

Una storia di violenza calcistica: correva l'anno 1973

L'unico ricordo diretto che ho di un episodio di violenza negli stadi risale alla mia prima adolescenza.
All'epoca mio padre era consigliere comunale e, in tempi in cui il gettone di presenza era una vera miseria, per un consigliere comunale onesto (fu anche assessore comunale, ma per breve tempo, ovviamente proprio perché onesto: né faceva "affari", né soprattutto consentiva che altri ne facessero), l'unico vero "benefit" era la tessera omaggio del campo sportivo.
Nel caso si trattava della tessera dell'A.S. Bari, Matarrese era di là da venire e il presidente del Bari era un ginecoloco noto -Angelo De Palo- che ci rimetteva di suo, come accadeva ai vecchi presidenti mecenati tipo quello del "Borgorosso Football Club".
Era di là da venire anche lo stadio "San Nicola", la "astronave" costruita su progetto di Renzo Piano e realizzata per i mondiali di calcio del 1990, alla modica cifra (credo) di 120 miliardi o giù di lì.
Il Bari giocava allora nel vecchio stadio "Della Vittoria", opera pubblica del ventennio fascista, con le gradinate in pietra, senza copertura, con una capacità di circa 40.000 spettatori (più di quella che oggi si ritiene ideale per uno stadio di calcio di una media-grande squadra).
E quello stadio era sempre pieno zeppo, anche col Bari in serie B, anche col Bari in serie C.
Lo stadio sorgeva, e sorge, in fondo a un lungo e ampio viale detto "della Maratona", sul lungomare di Bari e ricordo la fiumana di pubblico che vi accedeva e vi sfollava, coi bagarini che vendevano i biglietti a cento metri dalle "gabbie" degli ingressi (altro che biglietti nominativi!).
A quattordici-quindici anni io passavo, rotondetto e tronfio, tra i bagarini, guardandoli con commiserazione: avevo in tasca la tessera della tribuna d'onore, e scusate se per un adolescente è poco!
Mi scocciava i primi tempi che gli addetti alle porte della tribuna mi guardassero sospettosi, quasi che la tessera l'avessi rubata, ma alla fine, a forza di vedermi di domenica in domenica, si rassegnarono a comprendere che ero legittimo possessore di quella tessera.
Di fronte alla tribuna centrale sorgeva una tribunetta in legno e tubi "innocenti", la c.d. tribuna maratona (qualche volta ci sono andato, e sembrava dovesse venire giù a ogni azione da goal).
Ebbene, era un Bari-Vattelapesca qualsiasi, di serie B e credo che capitò un arbitro di quelli un pò strabici, che vedevano solo i falli contro e non a favore.
Forse il Bari stava perdendo, forse fu negato un rigore, non ricordo proprio.
Fatto sta che, ad una ennesima vessazione, vera o presunta, alcuni scalmanati riuscirono a inerpicarsi sulle recinzioni e a scavalcarle, e fu il finimondo.
Prima dieci, poi venti, trenta, cinquanta, cento supposti tifosi invasero il campo di gioco e mentre arbitro e giocatori guadagnavano gli spogliatoi in fuga precipitosa, si diedero a distruggere tutto, panchine, porte, tabelloni pubblicitari.
La polizia intervenne come doveva, con cariche, e i disordini proseguirono fuori dallo stadio.
Anche i distinti e notabili spettatori della tribuna d'onore riuscirono a sfollare, ma nei viali dell'antistadio si combatteva la guerriglia, certo con mezzi meno sofisticati che a Catania (non mi pare ci fossero bombe carta all'epoca, comunque non si usavano ancora).
Non so come schivai una carica della polizia, non il fumo dei lacrimogeni (lo assaggiai di nuovo in qualche corteo, sempre come vittima e mai protagonista degli scontri).
Tornai a casa di corsa, con la coda tra le gambe, mezzo affogato dalle lacrime e dalla tosse.
Il Bari beccò una sonora squalifica del campo; e da allora non mi pare sia successa mai più una invasione di campo.
Quelle scene di violenza stupida, gratuita, bestiale, mi sono tornate in mente guardando le scene della "intifada" degli ultras catanesi: allora bastarono pochi lacrimogeni per disperdere la folla, ma dubito che gli ultras del Bari (ed erano di solito delinquenti comuni, e non ragazzotti annoiati) si sarebbero anche solo azzardati a resistere alle cariche della polizia.
Il "pattuglione" del reparto celere incuteva timore eccome!
Ora apprendiamo dai quotidiani e dalle TV che, invece, i nuovi ultras si preparano a puntino, si armano, pianificano gli scontri, e gli agguati, come quello in cui pare sia caduto il povero ispettore di polizia catanese.
E si dice da tutti che deve esserci tolleranza zero.
Allora non c'erano queste formule "magiche", non ce ne era alcun bisogno, una divisa era una divisa e da sola incuteva timore. Anche ai delinquenti che invasero lo stadio della Vittoria in un lontano pomeriggio domenicale di quasi trentacinque anni fa.