lunedì, giugno 19, 2006

Domani è un altro giorno (?)

Domani è un altro giorno

E' uno di quei giorni che ti prende la malinconia
che fino a sera non ti lascia più
la mia fede è troppo scossa ormai ma prego e penso fra di me
proviamo anche con dio non si sa mai
e non c'è niente di più triste in giornate come queste
che ricordare la felicità
sapendo già che è inutile ripetere:
chissà ?
Domani e' un altro giorno si vedrà
è uno di quei giorni in cui rivedo tutta la mia vita
bilancio che non ho quadrato mai
posso dire d'ogni cosa che ho fatto a modo mio
ma con che risultati non saprei
e non mi sono servite a niente esperienze e delusioni
e se ho promesso non lo faccio più
ho sempre detto in ultimo :
ho perso ancora ma
domani è un altro giorno, si vedrà
è uno di quei giorni che
tu non hai conosciuto mai
beato te si beato te
io di tutta un'esistenza spesa a dare,
dare, dare .... non ho salvato niente, neanche te
ma nonostante tutto io non rinuncio a credere
che tu potresti ritornare qui
e come tanto tempo fa ripeto :
chi lo sa ?
Domani è un altro giorno si vedrà
e oggi non m'importa
della stagione morta
per cui rimpianti adesso non ho più
e come tanto tempo fa ripeto :
chi lo sa ?
Domani e' un altro giorno si vedrà
domani e' un altro giorno si vedrà.

Capita di svegliarsi con una canzone in testa e di non riuscire a liberarsene; come se essa racchiudesse, almeno in quel momento, il senso complessivo che, in un punto del tempo, si avverte della vita.
A me è capitato oggi, con la canzone della Vanoni, che ho sentito dal vivo l'ultima volta in una serata fredda e umida dei primi di gennaio, in concerto con Gino Paoli al "Teatroteam" di Bari, una di quelle tensostrutture periferiche che sostituiscono i teatri, nel nostro caso il Petruzzelli ancora di là da ricostruire.
Mi riconosco in ogni parola, e nemmeno io so quadrare i bilanci, anzi non mi provo nemmeno a farli: nella partita doppia dare-avere sono una vera frana, ho una propensione nulla alla gestione contabile, si tratti di soldi o di sentimenti, e non è detto che debba essere un titolo di vanto, anzi.
Ma si può immaginare un romantico curvo sul libro dei conti, a incolonnare cifre esistenziali?
Di più, per un romantico è pericolosissimo cimentarsi nei bilanci: Cesarone Pavese ci provò in una stanza d'albergo cinquantasei anni fa, e Luigi Tenco lo stesso trentanove anni fa, ed è finita come sappiamo.
E poi. I bilanci hanno un senso se, accanto al consuntivo si redige un preventivo, si sceglie come investire e su cosa, come ripartire le risorse per le varie spese.
Si può immaginare un romantico che decide come investire i suoi sentimenti, quanto e chi amare, dove stabilire il limite di spesa di se stesso?
Temo proprio che sia impossibile. Almeno lo è per me.
Certo, investendo dissennatamente se stessi, senza far conto della remunerazione dell'investimento, si fa come quei commercianti che comprano, comprano, comprano senza preoccuparsi se e quanto venderanno, e che vanno poi, quasi infallibilmente, a fallimento.
Ma io penso che tutto sommato è meglio essere debitori verso se stessi che creditori verso gli altri: come dice Ornella meglio dare, dare, dare, che pensare o forse illudersi di ricevere, anche se qualche volta è bello anche ricevere. Anche se dipende da chi.