Mi accingo a partire per Roma in una giornata fredda e uggiosa. Domani sarebbe primavera. Gerry, cultore di cose celesti, non ignorerà quanta cura mettessero i popoli antichi, egizi e non solo, nel calcolo esatto di equinozi e solstizi, che governavano la vita produttiva, civile, politica, religiosa. Piramidi, porte del Sole, torri di osservazione, tutto era orientato al cielo e ai movimenti di Sole, Luna, stelle, costellazioni, orologio inimibile e immutabile, almeno nei tempi umani, del tempo umano. Mentre un telescopio ha fotografato la radiazione primigenia, forse a un milionesimo di secondo dal big bang, e la sua disseminazione a creare polveri, ammassi, galassie (notizia di due o tre giorni fa), i nostri piccoli occhi mortali (come scrisse Aldo Moro nell'ultima bellissima lettera alla moglie Norina) scrutano ansiosi un cielo che appare sempre meno amico, pieno di polveri più o meno sottili, radiazioni che perforano buchi dell'ozono, nuvoloni di anidride carbonica.
E così le stagioni non son più quelle di una volta, cara la mia signora -si ripete a giaculatoria rassegnata (e un po' scaramantica?)- e questa primavera è proprio maledetta, secondo il refrain di una canzone della Loretta Goggi vincitrice di un Sanremo degli anni '80 (a proposito della Goggi, gli anziani come me la ricordano bambina in un indimenticabile versione televisiva de "I Miserabili" degli anni '60).
Ma poi tutto questo sproloquio per dire cosa?
Che c'era una volta il marzo pazzerello, tra sole e pioggia, che la primavera era nei cuori, prima ancora che nel cielo, che prima che inventassero le feste del papà, della mamma, dei nonni, e domani chissà dei secondi terzi quarti compagni/e (famiglie allargate), il 19 marzo testé passato era solo il giorno di San Giuseppe, e qui da noi si mangiavano le zeppole, paste alla crema fritte o al forno con una lacrima di amarena, ed il 21 marzo era rituale il tema in classe sulla primavera, e i sussidiari erano ingenui, colorati e pieni di buoni sentimenti.
Tempi da rimpiangere, come nella migliore tradizione di signori di mezza età?
No, ma ricordi da non buttar via in attesa di Day after tomorrow prossimi venturi.
Buona primavera, confratelli.
P.S. Che poi, personalmente, a me questo tempo uggioso, lo confesso, non dispiace del tutto. Ma sono gusti personali, appunto, e anche un po' frutto dei miei tempi.
domenica, marzo 19, 2006
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