martedì, maggio 23, 2006
Per non dimenticare D'Antona e Biagi
Ieri sera ho visto la prima puntata di "Attacco allo Stato", una miniserie (due sole puntate)sugli omicidi di Massimo D'Antona e Marco Biagi, la casuale cattura di Nadia Desdemona Lioci dopo la sparatoria in cui rimasero uccisi l'altro brigatista Galesi e il sovrintentente polfer Petri, lo smantellamento delle nuove BR.
Ricordo il senso d'incredulità e sbigottimento alla notizia dell'omicidio di D'Antona e alla lettura del relativo "volantino" di rivendicazione: le BR sembravano appartenere ormai all'archeologia di una stagione di sangue, tra il 1970 e i primi anni '80, rimandando ad immagini sbiadite in bianco e nero di vecchi TG, ai titoli di pagine ingiallite di giornali, ad un clima di scontro sociale e politico ormai superato dalla globalizzazione.
E invece, sia pure con mezzi e militanti assai più ridotti, le BR erano "risorte" conservando l'armamentario ideologico allucinato del passato.
Svuotate le fabbriche di "quadri" operai in relazione all'avvento di processi produttivi all'insegna dell'automazione e alla delocalizzazione, le nuove BR si proponevano di parlare a nuovi interlocutori sociali, nell'area del lavoro precario e/o flessibile, dei centri sociali, dell'emigrazione, delle "nuove povertà".
Benché quel "progetto" sia stato sventato, è bene ricordarlo: se forse mai più i gruppi eversivi potranno avere la base di (relativa) massa che ebbero in passato, un'area di scontento sociale ci sarà sempre, e in quest'area di vecchie e nuove marginalità potranno sempre annidarsi i germi di azioni terroristiche o para-terroristiche (comprese le iniziative dei c.d. anarco-insurrezionalisti, con i loro pacchi-bomba); come pure non può escludersi che nel brodo di coltura di certi centri sociali allignino "alleanze" e "convergenze d'interesse" con gruppi terroristi islamici, nel comune cemento del risorgente antisemitismo (più o meno mascherato come critica allo stato d'Israele, che però è lo stato ebraico, e quindi parliamo della stessa cosa) e dell'imperituro antimperialismo anti-U.S.A.
Se rivado con la memoria al passato, ricordo ancora, alle prime azioni BR (il sequestro del sostituto procuratore Sossi, ad esempio, taluni "espropri proletari"...) il vivace dibattito interno alla sinistra giovanile di allora, il rifiuto di pensare che le BR potessero essere altro che "fascisti provocatori" da parte del P.C.I. e della F.G.C.I. o invece, da parte di taluni gruppi della sinistra extraparlamentare, la considerazione che si trattava di "compagni che sbagliano", cioé i cui obiettivi, e non anche i mezzi, erano in fondo condivisibili.
Scorrendo le biografie dei capi storici brigatisti, invece, si è visto che provenivano spesso dalle fila dei movimenti giovanili della sinistra "ortodossa", avevano matrice cattolica, coltivavano il mito della "Resistenza tradita", ossia della mancata insurrezione rivoluzionaria al termine della seconda guerra mondiale, organizzandosi in strutture che scimmiottavano quelle delle formazioni partigiane, e assegnandosi pseudonimi proprio come i partigiani.
I loro volti non erano estranei, come si è detto efficacemente, all'album di famiglia della sinistra italiana, anche se da quela famiglia erano poi usciti per entrare in clandestinità.
Certo rimane, e forse rimarrà sempre, oscuro il ruolo giocato nelle azioni più eclatanti (il sequestro e l'omicidio di Aldo Moro) dai servizi segreti italiani, americani e sovietici, ed ancor oggi la lettura del libro di Flamigni "La tela del ragno" - Edizioni Kaos, appunto dedicato al sequestro Moro, lascia aperti molti inquietanti interrogativi.
Eppure, per tornare al bel sceneggiato (la seconda e ultima puntata stasera su canale 5), non era affatto casuale e sfuocato il senso di colpire due uomini come Massimo D'Antona e Marco Biagi, giuristi intenti, quali consiglieri di due diversi ministri del lavoro (il diessino Bassolino il primo, il leghista Maroni il secondo) alla stessa opera: costruire un "nuovo mercato del lavoro" in cui fossero coniugabili flessibilità e tutela dei diritti, nuove forme di lavoro e nuove garanzie giuridiche.
Se qualcosa manca nello sceneggiato è il clima in cui maturò soprattutto l'omicidio di Marco Biagi: non si può né si deve dimenticare le critiche, anche molto, troppo aspre, che alcuni settori del sindacato, della CGIL e della FIOM, mossero in quella stagione al giuslavorista bolognese, al suo "libro bianco", alla riforma che porta il suo nome (e che oggi settori della sinistra radicale parlamentare vorrebbero senz'altro eliminare con un tratto di penna). Il "cinese" Cofferati, prima di vestire i panni istituzionali di Sindaco di Bologna, e di intraprendere giuste battaglie per la "legalità" cittadina, polemizzò aspramente con Biagi e quei settori sindacali che non rifiutavano a priori le sue idee.
Sarebbe folle sostenere che quelle polemiche abbiano avuto un peso nella decisione delle nuove BR di uccidere Biagi; ma di certo non le dissuasero dal proposito criminale, e chissà alimentarono nella loro allucinata percezione della realtà l'idea che vi potesse essere un "consenso" ai loro obiettivi di lotta.
Voglio chiudere con un piccolo ricordo personale di Massimo D'Antona: nel dicembre 1983 quando sostenni l'orale del concorso per entrare in magistratura D'Antona era uno dei componenti della commissione di concorso; non aveva ancora i baffi, era molto giovane, molto gentile, e contribuì ad allentare la tensione con cui molti come me affrontavano quella difficile prova; sulla sua materia (Diritto del lavoro) ebbi 10.
Lo ritrovai qualche anno dopo, non so in quale convegno o occasione pubblica, e lo salutai ricordando quella prova orale.
Mi sorrise sotto i baffi.
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