mercoledì, aprile 12, 2006

Morir d'Amore

Negli ultimi tempi ho scritto post incentrati su questioni di attualità politica. E ho invece tralasciato quella vena, più personale e intima, che costituisce il motivo ispiratore di questo blog.
Ho inaugurato, quasi due mesi fa, questo diario privato condiviso (per la verità da pochissimi amici affezionati, parte dei quali come Chris e Wil Coyote incontrati per le strade virtuali della rete) con un post provocatorio, imperniato su una domanda secca e semplice: si può morire per amore?
Proposta così la domanda, rileggendola e riflettendoci, è generica e priva di senso. Amore è parola che indica troppe cose, e troppo diverse tra loro. E a seconda dei suoi diversi significati, nei diversi contesti, si può (cioé è giusto) o non si può (cioé è sbagliato) morire per amore.
Per Amore di Dio, che è il vero e sommo amore per un credente, non solo si può ma si deve morire, se è il caso, se è inevitabile, se l'alternativa è rinnegare Dio. Morire per Amore di Dio è in effetti assecondare il proprio bene e la salvezza della propria anima, se la salvezza dell'anima richiede il sacrificio del corpo, nella consapevolezza di fede che questo corpo mortale, sia pure corrotto e ridotto in cenere, si riunirà, alla fine dei tempi, trasfigurato, con l'anima, sul modello della speranza suprema e fondamentale del cristiano, che è la Risurrezione di Cristo.
E' indubbio che la Risurrezione di Cristo è la pietra di fondazione della fede, se Cristo è morto e risorto, il senso della vita e della morte è chiaro e disvelato una volta per tutte, e la vita degli uomini non è un passaggio vano, di tipo biologico-culturale, sulla scena di questa terra, ma un pellegrinaggio nella storia ma in una dimensione trascendente che è l'eternità. E in effetti l'eternità non è oltre la morte ma è qui perché questo tempo umano è già eternità, frazione di essa, acqua dello stesso fiume, goccia dello stesso mare.
Più problematico è capire se sia giusto morire per un'idea politica, una passione civile, anche se, d'istinto, sono portato a rispondere ancora di si, a condizione che sia una idea giusta e buona, oggettivamente tale, ispirata a valori positivi dell'Uomo (con la maiuscola), che di solito hanno una radice al fondo della quale ci sono concetti "religiosi", in senso ampio e in senso più specifico.
La Libertà, l'Eguaglianza, la Fratellanza, ossia i valori dell'illuminismo e della rivoluzione francese e dello stesso marxismo storico sono a guardar bene tributarie del pensiero cristiano e del Vangelo, sia pure in una chiave non necessariamente cattolica; o meglio, il liberalismo e il liberismo in una chiave valoriale protestante, se è vero che l'etica del capitalismo è essenzialmente l'etica individualista protestante, nella versione più calvinista che luterana; il marxismo in una chiave di valori cattolica, ispirata a una visione della comunità, dell'ecumene, in cui parte essenziale ha l'autorità che salvaguarda il "tesoro della fede", nell'ottica marxista il Partito che infatti per certi aspetti è "la Chiesa" dell'ideologia marxista nella sua declinazione storica concreta.
Forse è per questo che è abbastanza difficile "conciliare" (è il caso di dirlo!) liberalismo e liberismo e cattolicesimo, e che in quest'ultimo hanno avuto maggior fortuna visioni più "comunitaristiche", quando non socialiste o comuniste (la c.d. teologia della liberazione, gli spregiati catto-comunisti), e in generale progressiste più o meno temperate (la c.d. dottrina sociale della Chiesa).
Ancora più controverso stabilire se sia giusto morire per amore umano, o verso una persona; se si ama davvero una persona e morire è il mezzo per salvarle ad esempio la vita, non posso avere esitazioni a rispondere di sì; è giusto, anzi può essere doveroso.
L'Amore umano per eccellenza che giustifica un sacrificio di questo tipo è l'amore materno, sia che si voglia vederlo in modo riduttivo come un riflesso biologico-istintivo (anche gli animali proteggono la prole), sia che lo si percepisca, come è più credibile, come emanazione di quella capacità di dare, donare, condividere che risiede in ciascuno e ne è connaturale, anche se spesso per varie ragioni di formazione psicologica e familiare soffocata da orientamenti esistenziali egoistici ed egocentrici.
Ma anche l'amore romantico, ossia quello tra uomo e donna (e come ho già scritto anche tra uomo e uomo e donna e donna, dovendosi qui prescindere da pregiudizi come si suol dire di orientamento sessuale) può giustificare un sacrificio di questo tipo, forse tanto più rimarchevole perché non condizionato dal "richiamo del sangue", che pure ha una parte nell'amore materno (o in quello, ahimé non sempre corrispettivo, filiale).
I precedenti post su Cesare Pavese, col suo piccolo florilegio antologico, proprio questo dicono: che l'amore romantico, se è vero, profondo, radicato, può portare anche a morire, perché disincarnato dal suo oggetto (bisognerebbe dire dal suo soggetto), ossia scisso e separato dalla persona amata, è un fuoco che può ardere e consumare chi ama, sino a ridursi ad una brace che si spegne sotto la cenere.
Ciò che può portare a morire per un amore umano è la consapevolezza che, per quanto ci si voglia illudere a definire "amore" molti rapporti che possono aversi nel corso dell'esistenza, per quanto questa parola sia inflazionata e resa priva di significato autentico (adolescenti e giovani non si ripetono in continuazione questa parola? e un celebre spot televisivo di qualche anno fa non era giuocato tutto sul tormentone: ma mi ami? e quanto mi ami?), nella vita di ognuno, a esser fortunati e incontrarlo, c'è un solo vero amore umano grande, solo un'altra mezza mela che combacia perfettamente, solo un'altra persona, in tutto il tempo e in tutto lo spazio, che sana quella frattura esistenziale che è l'individualità di ciascuno scissa dalla madre (e non per caso solo Dio è Unità vera e piena, e perciò è Padre e Madre, mentre uomo e donna sono unità generativa solo assieme).
E' una fortuna già incontrare questo amore. Viverlo è come e più che vincere al superenalotto, una combinazione statistica rarissima. Ma peggio che non vincere al superenalotto è perdere ciò che si è vinto. Se questo accade, bene, penso sia anche possibile morire per amore.
E mi piace chiudere questo lungo post e intitolarlo col verso di una canzone di Charles Aznavour di qualche anno fa, da perfetto "ultimo romantico".