Sono tornato da Roma dopo un viaggio irto di difficoltà (blocco di un tratto della autosole per incidente per circa un'ora e mezzo, deviazione tra Avellino Est e Avellino Ovest per frana) e in un altra giornata uggiosa anche se quasi tiepida di questa primavera malaticcia.
Ieri sera ho visto la puntata quotidiana di 8 e 1/2, dedicata al nuovo film di Nanni Moretti e oggi in auto ho ascoltato su radio radicale un dibattito su un libro di Alex Stille (che sia figlio di Ugo Stille, già direttore di corsera?) dedicato al cavaliere.
E' incredibile come Berlusconi tenga la scena pubblica italiana da oltre un decennio e tutto il dibattito politico ruoti in definitiva attorno a lui; al punto che, se ai sondaggi elettorali terrà fede il voto, deve immaginarsi che, anche se battuto e ridotto all'opposizione, continui comunque a recitare un ruolo non secondario.
Ferrara, che è l'unico berluscones veramente intelligente (a parte Tremonti e Pisanu), sosteneva che, comunque vadano le cose, occorre riconoscere che più o meno metà del paese rimarrà dalla sua parte; e questo è il segno che il fenomeno Berlusconi ha segnato in modo profondo la sensibilità degli italiani, dividendoli come forse mai dai tempi dei guelfi e ghibellini in modo totale e quasi viscerale.
Credo che la ragione sia nell'assoluta "italianità" di Berlusconi, nel suo essere arcitaliano per definizione, ossia nel rappresentare quel grumo inestricabile di intelligenza, furbizia, fantasia, capacità di lavoro, fiuto negli affari, familismo, qualunquismo, simpatia gaglioffa, opportunismo che è il "proprium" del nostro carattere nazionale.
Berlusconi è come uno di quegli specchi deformanti di certi vecchi luna park: ti rifletti e ti vedi a seconda della distanza da cui ti collochi ora grasso, ora basso, ora alto e allampanato...
Chi lo apprezza e chi lo disprezza, a seconda dei casi, accetta o rifiuta i propri tanti vizi privati e le proprie poche virtù pubbliche; ne esalta l'ascesa economico-sociale o ne disprezza l'aria da parvenu senza quarti di "nobiltà" sociale e culturale; ne ammira o ne denigra la capacità di resistenza fisica, politica, giudiziaria.
Su un punto però Giuliano Ferrara ha del tutto ragione: Berlusconi è assieme la malattia e la medicina che la società italiana ha trovato sul suo cammino dopo e a causa della dissoluzione, per via mediatico-giudiziaria, della classe politica dirigente della prima repubblica.
Forse dopo il crollo del comunismo e dinanzi al mondo globalizzato era inevitabile che i vecchi partiti e il loro sistema di potere collassasse; ma i tempi sono stati troppo repentini e non hanno consentito la costruzione di una nuova classe dirigente degna di questo nome.
Certo a sinistra (ossia nel centrosinistra) vi sono maggiori capacità politiche, anche perché è stata conservata una parte, quella di seconda fila, della classe politica antetangentopoli.
Eppure proprio il tono e i contenuti di questa campagna elettorale, tutta giocata su battute e dichiarazioni che durano lo spazio di poche ore, priva di vere idee guida forti su come risanare l'Italia e come farle giocare la sua partita nel contesto europeo e internazionale, danno il segno di una complessiva pochezza della politica italiana.
Gli unici che s'interrogano sui valori sono la Rosa nel pugno da un lato, Pera e i c.d. teocons, la CEI e il Papa.
Troppo poco per ripartire? Forse si, ma meglio che niente.
Buona serata, confratelli, vorrei notizie di Wilcoyote ma chissà sotto quale rupe staziona nel suo deserto a fumetti.
venerdì, marzo 24, 2006
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