La nuova "pasionaria" piddina, Deborah Serracchiani, ha sdoganato quale nuova categoria della politica la "simpatia" e la "antipatia".
Intendiamoci, sono pulsioni istintive, emotive, spesso inconsapevolmente sottintese a un ragionamento e ai rapporti sociali, dall'amicizia ai luoghi di lavoro, e forse possono spiegare, più e meglio di articolate analisi su sistemi di valori e progetti politici, l'avversione o l'adesione a un'idea quando essa s'incarna, come è quasi inevitabile, in un uomo-simbolo.
In fondo, grandi "antipatici" sono stati De Gasperi, Togliatti, Fanfani, La Malfa, Craxi, De Mita, Forlani, Scalfaro...; mentre invece grandi "simpatici" sono stati Pertini, Berlinguer, Nenni, anche Andreotti con le sue arguzie, e per venire ai giorni nostri, se vogliamo è anche sul crinale antipatia/simpatia che si situano Berlusconi in massima misura, e in parte più piccola Bossi e Di Pietro, mentre dalla parte degli antipatici stanno decisamente D'Alema, Tremonti, Gasparri, Quagliariello e via così.
Anche nel "ridotto" pugliese non può dirsi che la dicotomia non giochi il suo ruolo: Michelone Emiliano, con il suo corpaccione che ricorda la pubblicità della Ferrero ("gigante pensaci tu"), è certo simpatico, mentre è difficile che non sia antipatico Raffaele Fitto, per non dire di Simeone Di Cagno Abbrescia, mentre Nicki Vendola è un po' double face: può risultare simpatico o antipatico, secondo che affabuli di valori o ragioni di politica.
Però la categoria della simpatia non era sinora mai assurta a criterio obiettivato di scelta di un segretario di partito; non si era mai sentito che la giustificazione di una scelta di schieramento fosse riposta nell'istintiva pulsione di empatia che lascia presupporre un sentire comune (come è appunto la simpatia).
Quando la quarantenne d'assalto multipreferenziata ha dichiarato che sceglieva Franceschini perché simpatico, è stata quasi sommersa da una salva di fischi e contumelie; eppure, in fondo, ha espresso soltanto il punto dei vista dei "giovani", di quei giovani di cui tutti i partiti "liquidi" della seconda repubblica cercano d'intercettare i consensi, rivendendosi furbescamente il "giovanismo" come valore aggiunto, salvo a dare poco o nessuno spazio alle quote "verdi".
E' evidente che Franceschini è "simpatico", in questo senso, ben più che Bersani: con la sua zazzeretta da bravo ragazzo di college americano, le camicie con le maniche rimboccate sui polsi, l'aria informale, questo cinquantenne può rappresentare nell'immaginario giovanile qualcosa che ricorda, in piccolo s'intende, il fenomeno Obama, che tra i giovani, i blog, la rete, ha costruito la sua identità politica.
Bersani, al contrario, con la sua più che incipiente calvizie, i tratti netti, il curriculum piccino-pidiessino-diessino, l'appoggio dell'antipatico per eccellenza D'Alema, sembra emergere dal passato lontano e dal milieu delle sezioni di partito, delle cooperative rosse, delle case del popolo, delle olivetti lettera 82, dei vecchi ciclostili.
Sin qui non meno scandalo delle dichiarazioni della Serracchiani che interpreta, non so se ingenuamente o furbescamente, il ruolo di voce delle nuove generazioni, e quindi anche delle loro pulsioni pre-politiche, o a-politiche, l'idea di una politica fatta solo di emozioni, immagine, youtube, internet, facebook, concerti a seguire brevissimi comizi, incontri in comitati elettorali dove si beve a sbafo (non è accaduto anche a Bari?).
Dove però la Serracchiani è scivolata, in modo rovinoso, è nella sua ultima esternazione, in cui immagina e rivendica un partito democratico dove ci sia spazio per tutti, da Beppe Grillo alla Binetti.
La ragazza, in sostanza, vorrebbe un partito che sia come una di quelle scatole di cianfrusaglie da soffitta, dove si tiene un po' di tutto, dalle foto della scuola e delle gite scolastiche, a vecchie lettere d'amore, ad una fionda, alle biglie colorate, a qualche ingiallita tessera di movimenti giovanili.
Una scatola che ha valore più come contenitore che per il suo contenuto, che dovrebbe esser "ricca" solo perché contiene di tutto e di più.
Si dirà che anche il PdL è un partito-scatola, che dentro ci sono sia Tremonti, vicino alla Lega, che Cicchitto, ex socialista con tessera P2, sia Quagliariello, ex radicale, che Bondi, ex comunista, sia Pisanu (vecchio moroteo) che la Savino, la Carfagna e le altre "bellone" del Capo.
Verissimo, ma lì c'è qualcuno che, nel bene e nel male, porta la scatola, e lo sguardo corre a lui, non alla scatola, anzi la scatola ha un senso ed esiste come tale solo perché esiste il Grande Inscatolatore.
Nel Pd scatolare, invece, nella scatola, alla rinfusa, ci finirebbero tutti, ma proprio tutti, e siccome non c'è tanto spazio e ognuno ne vorrebbe uno minimo vitale, la scatola dalle fragilissime pareti alla fine cederebbe, come certe scatole da scarpe quando anziché un paio, ne vuoi fare entrare due.
L'idea, ingenua o forse furbesca, della Serracchia è così di conglobare nel PD tutte le pulsioni, da quelle populiste vero-finto-moraliste-indignate a quelle riformiste-idealiste, a quelle realiste-politiciste, a quelle ideologico-valoriali, nell'ambizione di voler rappresentare, "totalitariamente", tutti gli umori della società italiana.
In effetti, a ben guardare, è il modello vecchio del partito di massa e interclassista, cioé della vecchia DC o del PCI emiliano-romagnolo, che peò avevano il collante dell'ideologia, a rinforzare le pareti delle scatole.
Deborah Deborah, se questa è la tua idea della "nuova" forma partito, sei un po' più vecchia dei quarantanni che l'anagrafe certifica.
sabato, luglio 18, 2009
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