Ho comprato ieri, in una stazione di servizio venendo a Roma, un libro di Osho Rajneesh.
Avevo sentito parlare di lui, ma confesso che la mia formazione cattolica e quel poco di pratica che ho avuto negli anni scorsi di cose religiose mi ha sempre reso un po' freddo e diffidente rispetto alle religioni orientali, alle tante forme del buddismo, alle meditazioni, alle illuminazioni, il terzo occhio e cose analoghe.
Ho comprato il libro attratto dal titolo "Con te e senza di te" e dalla frase di controcopertina "Non chiedere amore come un mendicante ma come un imperatore. Ama e resta a vedere".
Forse il recente post rievocativo dei pensieri di Pavese sull'amore mi aveva predisposto e incuriosito all'acquisto e alla lettura di un libro del genere. Il pessimismo di Pavese sul tema del modo conveniente di amare è desolante (vedi il post relativo).
Ho cominciato dunque a sfogliare il libro ieri sera nella mia stanza d'albergo romano (devo proprio trovarmi un appartamentino, non reggo questa situazione precaria da commesso viaggiatore).
Quel poco che ho letto mi ha ricordato molto l'Arte di amare di Erich Fromm, vero pensatore cult della generazione dei miei vent'anni.
Il succo del discorso, tanto di Osho quanto di Fromm, è che bisogna amare senza aspettative di ricambio, che amare è un'azione transitiva positiva in se, che si tratta di espandere la propria personalità attraverso un orientamento esistenziale di amore verso la vita, le persone, le cose, e naturalmente anche le persone specifiche che si amano.
Osho aggiunge che la persona che amiamo è la forma dell'amore più generale, è una delle forme, una forma concreta; che l'amore degli altri parte dall'amore di se, come una serie di cerchi concentrici muovono dal sasso che li genera; che l'amore arricchisce chi ama, prima ancora che l'amato, e quindi dobbiamo essergli grati se e perché si lascia amare.
L'essenza del discorso, in Osho e Fromm, è che l'amore va inteso nella prospettiva del dare, non del ricevere, ma nel senso che dare è ricevere, arricchirsi, accrescersi (e in questo mi viene in mente la sintonia con la prospettiva cristiana euristica della carità al povero, che ha valore in quanto dando condividiamo sia pure in piccola misura la povertà, e quindi diventiamo a nostra volta cari al Signore come i poveri, fermo restando che siamo tutti poveri agli occhi di Dio -ma vallo a spiegare ai ricchi!).
Mi viene da pensare, per conseguenza, che gli ultimi romantici hanno un sostrato esistenziale o un orientamento esistenziale non solo giusto ma intelligente, e, nella prospettiva che ho detto, anche utilitaristicamente accorto.
La visione della verità nasce, forse, proprio dal rovesciamento della logica corrente, di quella più evidente e a portata di mano. Forse vediamo solo il negativo fotografico della realtà e dobbiamo imparare a vedere la foto in chiaro.
martedì, marzo 21, 2006
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