giovedì, marzo 16, 2006

A egregie cose il forte animo accendono l'urne de' forti...

Outing per outing, come si dice oggi, io pure per gli amici-amici sono Leo, è evidente sino dal mio indirizzo e-mail.
Da bambino, anzi, non mi rendevo nemmeno conto che Leo era un diminutivo, poi da adolescente, sia perché "brevilineo" (cioé bassino, 1.67-68 a dir troppo) sia perché in eterna lotta col peso, ho cominciato a provare gratitudine per chi mi chiamava col nome completo, che da importanza, e mi sembrava dipingermi più magro e più autorevole (lasciamo stare le celie dalla terza elementare alla terza media su "Leonardo da perdi", e le storpiature del mio cognome quali Spagnolao, Spagnolotto, etc., tutte incentrate sul mio aspetto grassottello).
E a parte la condivisione consolatoria coi confratelli di bassezza dei motti tipo "la botte piccola fa il vino buono", i grandi della storia erano tutti bassi, vedi Napoleone e Cesare (ma sarà vero per quest'ultimo?), e il celeberrimo gesto del rovesciamento di pollice e indice alzati, a significare il rapporto di proporzionalità inversa tra altezza e lunghezza (con richiami razzisti favoleggianti a come lo hanno i nani), la conquista del nome completo è stata elemento di rassicurazione.
Poi si cresce e ci si accetta, ovviamente.
Gerry ci ha raccontato qualcosa delle sue aspirazioni adolescenziali, e non è difficile immaginare che un acquariano, per giunta sensibile e anche alto di statura, ambisca a ragionar di stelle e pianeti.
Nei numeri vi è qualcosa di significativo e rivelatore, ne sono convinto.
Così non mi stupisce (ma solo sino a un certo punto, vé) che Gerry sia nato lo stesso giorno di Galileo, esattamente seicento anni dopo.
Non so se può fargli piacere, ma quel giorno, esattamente dieci anni prima di lui, è nato anche Matt Groening, creatore dei "Simpson" ed è morto, nel 1926, Piero Gobetti.
Inoltre il 15 febbraio 1898 nasceva Antonio De Curtis, il cui nome completo di titolo nobiliari era
Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo.
Del 12 febbraio, giorno mio genetliaco, sapevo che lo condividevo con Abramo Lincoln, non anche -e non mi ci riconosco molto- con Charles Darwin (1809) e Franco Zeffirelli (1923).
Avendomi Gerry evocato il celebre verso del Foscolo che da titolo a questo post, ho trovato il sito forse da lui visitato, e spero di riuscire a postarlo come link.
Checché (diceva Totò) di ciò, e tanto per chiudere con un outing sulle aspirazioni giovanili, dirò che a mia volta, e nell'ordine, avrei voluto fare: il regista cinematografico, il giornalista inviato speciale, lo scrittore di professione.
Morale della favola esistenziale: scrivo normalmente di cose più prosaiche, anche se non ho perduto del tutto la speranza negli anni più tardi di fare lo scrittore per davvero.
Certo se Wilcoyote ci raccontasse qualcosina della sua carriera di vita, prima di ritirarsi come anacoreta nel deserto vuoto di uomini e pieno di struzzi, direi che questo outing comincerebbe a diventare molto molto interessante.
Abbracci ai confratelli, Gerry uber alles.
P.S. Un roma(ntico) non può non tifare per la Roma; oppure essere, come me e secondo una efficace definizione di Beppe Severgnini, un inter(tr)iste.
Buona giornata.

ATTENTI A QUEI DUE

Ho visto solo un pezzo, praticamente gli ultimi dieci minuti, dell'atteso duello televisivo Berlusconi-Prodi (ebbene si: c'era Inter-Aiax su sky sport 1!). In compenso ho visto, sentito e letto abbastanza dei commenti del "dopo-partita", anche quelli ironici e divertenti del "Foglio" oggi in edicola, compreso un editoriale che, a proposito delle "frecciatine" di Fini e Casini all'indirizzo del premier declinante, ha evocato un "spirito da 24 luglio".
La mia impressione, anche se mi scoccia dargli ragione, è che il miglior commento sia stato quello di Follini (che assomiglia un po' ad un vecchio fumetto di Carosello, il prof. Kreiskapp, o a un personaggio minore dell'indimenticato "Alan Ford" di Magnus & Bunker).
Follini ha detto che sembrava un incontro tra l'Italia del 1996 e l'Italia del 2001, alludendo a un Prodi e a un Berlusconi fermi alle loro rispettive vittorie.
Non dico che in un confronto televisivo, per giunta per unanime giudizio troppo "ingessato" (non ci si azzardi a evocare le vecchie "Tribune politiche" di Jader Jacobelli, che erano ben altra e mirabile cosa!!!), dovesse emergere chissà quale alta dialettica politico-civile, ammesso che i due personaggi ne siano capaci (di Berlusconi si sa, ma di Prodi forse si dimentica troppo generosamente che era un "boiardo di Stato" demitiano: e come Peppino-Fratello Capone di Totò "Ho detto tutto"!).
Almeno, però, ci si sarebbe figurata un qualche discorso serio di minima consapevolezza dei veri e grandi problemi dell'economia e dell'ambiente, ora più che mai intrecciati, tra "tigri asiatiche", globalizzazioni, crisi energetiche, costi sociali dello sviluppo...
Quanto meno, sarebbe stato esigibile un accenno agli scenari poco confortanti di quest'Italia all'inizio del terzo millenio "advenuto", invecchiamento della popolazione, povertà sociali e culturali, analfabetismo di ritorno, sfascio scolastico e universitario di là dalle riforme morattiane...
Certo non può bastare la melassosa mini-omelia prodiana finale con la pur efficace evocazione di una "felicità" tutta da capire e inventarsi; e men che meno lo sconfortato mugugno berlusconiano contro le "regole" che non gli consentono di sciorinare, come un disco rotto, milioni di dati e cifre per dimostrare che il suo governo non ha fatto solo "leggi ad personam" e che non va poi così male come si dice (e si vede).
E' abbastanza triste, anzi sconfortante, che dieci anni dopo ci ritroviamo al punto di prima: con un confronto elettorale tra Berlusconi e Prodi.
Come sempre aveva visto giusto la vecchia volpe andreottiana (povero Craxi: il divo Giulio non è finito in pellicceria e nemmeno impagliato ma nell'armadio del Senato, e lui, invece, sotto una palata di terra arida di Hammamet).
Il potere logora chi non ce l'ha.
Vale a dire tutti noi, che, salvo andare a fare una gita fuori porta il 9 aprile, ci ritroviamo questi arzilli settantenni o quasi, con i loro abitini grigi, le loro cravatte, i loro speculari entourage, la loro immarcescibile contrapposizione, da lì l'imprenditore che ha fatto i danè, da lì il professore che ha fatto fortuna (si dice in giro che Beniamino Andreatta, di cui Prodi è allievo, lo fulminasse di tanto in tanto con qualche battuta al vetriolo), l'uno e l'altro in questo dejavu tra 1996 e 2001 anteTorrigemelle.
Fortuna che almeno l'Inter si è qualificata, con vista sulla semifinale e sperando di battere la struzzosa Giuve.
Peccato invece per la Roma di Gerardo, che pugnò, vinse ma non abbastanza.
Buona serata confratelli.