L'unica cosa che sappiamo è che non sappiamo niente. Non sappiamo se dallo stato vegetativo si possa riemergere ad uno stato, sia pure larvale, di coscienza e di interazione col mondo esterno; non sappiamo se nello stato vegetativo permanga una qualche misteriosa percezione di se e degli altri; non sappiamo se nello stato vegetativo si senta, in qualche modo, il dolore, non ovviamente nei termini in cui esso suscita una risposta; non sappiamo se la privazione dell'alimentazione e della idratazione procurerà sofferenza.
Su questo non sapere s'innesca un dibattito grottesco e lunare, con le dotte citazioni di articoli scientifici di taluno e le repliche cliniche di talaltro, con il primario della struttura in cui Eluana morirà che da un lato si definisce "devastato" e dall'altro afferma con sicumera che quella ragazza "è morta da diciassette anni" (e allora verrebbe da dirgli, cosa stiamo a discutere, chiudiamola in una bara e seppelliamola!).
Applichiamo, giustamente, il principio precauzionale sulle questioni ambientali (ad esempio sulle stazioni per la telefonia cellulare), ma non lo applichiamo sulle questioni della vita umana e dei suoi limiti, spesso solo supposti.
Che mondo strano e contraddittorio è questo, in cui diciamo che chi è in stato vegetativo permanente non sente dolore, ma poi ci si preoccupa di stabilire protocolli di sedazione per il momento successivo al distacco del sondino nasogastrico.
E come in un minestrone immangiabile o in una maionese impazzita, mettiamo assieme troppe cose, dal diritto alla vita al diritto alla morte (che in se non esiste), dalla libertà di cura alla sospensione del sostentamento vitale (che pure mi sembra altra cosa), dalle volontà vere a quelle solo presunte, dalla concretezza di una persona e di un corpo all'astrazione di battaglie di "principio", come se il diritto o i diritti possano vivere disincarnati negli atti parlamentari, nelle gazzette ufficiali, nei decreti e nelle sentenze, e valgano nella loro espressione concettuale e simbolica, giusto per arricchire un catalogo tanto pomposo quanto immaginario perché spesso mera proclamazione enfatica di "diritti civili".
Io so soltanto di non sapere; non sapendo non mi riesce di stare da altra parte che da quella della vita, che pure fluisce tenace nel sangue e nel cuore di Eluana, ancora per poco d'accordo, ma non sappiamo nemmeno ancora per quanto.
Tutto il resto serve solo per il chiacchiericcio politico-giornalistico dei vari Vespa, Mentana, Santoro, e dei loro ospiti.
Di cui, francamente, me ne frego.
martedì, febbraio 03, 2009
Iscriviti a:
Post (Atom)