sabato, febbraio 03, 2007

ETEROGENESI DEI FINI

Sto finendo di leggere un grande saggio che da troppo tempo avrei voluto conoscere e che sono riuscito ad acquistare nella libreria Rizzoli in galleria a Milano, dove sono andato, non per diporto, la scorsa settimana.
Si tratta di un libro forse più citato che letto, ma ciò non toglie che credo meriti di essere letto, al di là del titolo che ne ha decretato la fortuna (e che non c'entra nulla col titolo originale, che è semplicemente "Eichman in Jerusalem").
"La banalità del male. Eichman a Gerusalemme" è la raccolta riveduta e ampliata dei reportages che Hanna Arendt scrisse nel 1961 su un quotidiano statunitense dalle aule in cui si svolgeva il processo ad Adolf Eichman "il contabile dello sterminio".
Eichman fu catturato a Buenos Aires, dove era riparato dopo la fine della guerra, da un gruppo di agenti del mitico Mossad (il servizio segreto israeliano), soprattutto perché cedendo all'impulso narcisistico rilasciò un'intervista per rivendicare il suo ruolo nella "soluzione finale".
Uomo grigio, piccolo borghese, di piccole e ristrette vedute, di scarso sapere e cultura, era un funzionario "ligio alle leggi", e quindi alla legge suprema del Reich nazista, che era la parola e la volontà del Fuhrer.
Si "specializzò" negli "affari ebraici" organizzando e dirigendo le deportazioni che miravano a fare della Germania un territorio "judenfrei", ossia libero dalla presenza di ebrei; poi dopo la conferenza di Wansee in cui si misero a punto i dettagli organizzativi della soluzione finale fu l'organizzatore (ma non l'unico) del "concentramento" degli ebrei verso i campi di sterminio, parte importante, ma non unica, della macchina di sterminio che si avvalse, e questo mi ha proprio sorpreso, dell'aiuto essenziale dei Consigli ebraici, ossia di organismi composti dai più eminenti esponenti delle varie comunità ebraiche che contribuirono a stilare gli elenchi delle persone che andavano "concentrate".
La cosa più mostruosa, in fondo, è proprio questa: le vittime furono complici operosi dei carnefici, magari animate dalla giustificazione di salvare così e preservare le personalità più eminenti, a cominciare, è ovvio dagli stessi componenti dei Consigli ebraici.
L'abisso morale in cui il Nazismo precipitò l'Europa fu anche questo: il sovvertimento delle coscienze, l'annullamento di ogni confine tra bene e male, giusto e ingiusto, l'annichilimento di ogni valore, una tempesta in cui alla fine contava "salvarsi" e non essere "sommersi".
Non è storia nuova, ed è una storia che, se non in quelle dimensioni, non finisce mai.
Eppure, proprio dalla follia dello sterminio, dalla pratica "scientifica" del genocidio nacque la vera e decisiva spinta alla crescita del movimento sionista e alla costruzione dello Stato di Israele.
Sulle ossa calcinate dell'Olocausto nacque una Nazione ebraica e un futuro, superando quella vocazione delle comunità ebraiche all'internazionalismo, alla integrazione nelle varie patrie nazionali pur con la conservazione della propria specificità religiosa e culturale.
In un passo dello straordinario saggio di Hanna Arendt si cita Wilhelm Wundt, filosofo e padre della psicologia, che coniò o forse sistematizzò (credo che tracce del concetto vi fossero già in Giovan Battista Vico e il Thomas Hobbes) la felicissima formula della "eterogenesi dei fini" (mi ci sono imbattuto troppi anni fa in un manuale di filosofia del diritto).
Le azioni (e aggiungerei le regole) umane si propongono uno o più fini, ma non possono padroneggiare i molti fini diversi (o forse i molti effetti) che a loro possono coordinarsi o da loro scaturire, e magari si pongono al servizio inconsapevole e oggettivo di fini affatto opposti.
La formula mi sollecita un'altro ricordo scolastico-universitario, di diritto penale, quella dell'aberratio delicti: intendo colpire tizio, ma finisco per colpire caio.
Forse dietro l'eterogenesi dei fini vi è una "mano invisibile" che guida le azioni e le indirizza altrimenti?
E' il caso caotico, una nemesi, la Provvidenza?
Non so dare una risposta a questa domanda.
Sarebbe rassicurante se vi fosse una Volontà superiore, omnilungimirante, onniscente che giustifica l'eterogenesi dei fini: una volontà correttiva della cecità dei fini umani, della angusta limitatezza della visiona umana delle cose e del mondo.
Meno rassicurante, anzi del tutto inquietante, sarebbe dover riconoscere che anche l'eterogenesi dei fini è frutto dell'effetto farfalla, il cui battito d'ali contribuisce, secondo una felice e abusata immagine, a formare un uragano.
Ma, in fondo, anche una farfalla è una creatura di Dio: e se Dio avesse dato al suo povero battito di fragili ali una forza del genere, sarebbe questa pure una prova della Sua grandezza.
E aggiungo in conclusione una giusta umiliazione della presunzione umana.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bellissimo questo post, forse uno dei più belli del blog.
C'è un tema antico e affascinante, la disputa fra determinismo e libero arbitrio, ma soprattutto c'è, direi, il felice punto di partenza.
Non ho letto il libro di Hanna Arendt, e ora ho un motivo in più per farlo, ma il fatto che lo Stato di Israele sia nato (possa esser nato) per effetto della politica razziale del Reich, oltre all'interesse per la tesi storica, si segnala per una certa perifidia del destino: per una certa ironia con cui qualcuno (Dio? La Provvidenza? Il Fato?) ridicolizza piccoli uomini che si credono onnipotenti.
E questo, per uno scettico come me, è la più grande soddisfazione.