Che vuol dire oggi essere romantici? Vuol dire seguire il cuore piuttosto che la ragione, o meglio seguire la ragione o le ragioni del cuore. E' una ragione diversa, difficile, complicata, che si converte in torto agli occhi di tanti. Eppure per gli ultimi romantici è l'unica ragione che abbia senso. Chiunque creda che la passione amorosa, intellettuale, civile debba avere la precedenza, che sia ancora possibile coltivarla e condividerla potrà scrivere su questo blog.
I temi non sono delimitati che dalle coordinate di una assoluta adesione alla ragione e alle ragioni del cuore. Da un amore finito, alla rabbia per un sopruso, al desiderio di comunicare tristezze, allegrie, illusioni, delusioni tutto può far parte di questo blog.
lunedì, febbraio 27, 2006
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22 commenti:
Nel grande oceano di internet e dei blog, un nuovo blog è come un messaggio in una bottiglia. Lo legge chi la raccoglie per caso (la bottiglia) su una spiaggia più o meno desolata e deserta, ma il rischio è che la bottiglia si rompa e il messaggio si infradici e poi diventi poltiglia indistinguibile.
Allora, tanto per cominciare con una provocazione: è giusto morire per una passione? Per quali passioni qualcuno di voi sarebbe disposto a morire? Dico morire davvero, in senso fisico?
Visto che nessuno ha ancora risposto alla mia domanda, rispondo io.
Si, è giusto e a volte inevitabile morire per una passione: i martiri ne sono un esempio (ma non quelli islamici invasati dall'idea del paradiso coi fiumi di latte e miele e le settanta vergini, che poi dove le trovano tante vergini al giorno d'oggi?).
La libertà e la sua difesa è una passione per cui vale la pena di morire, e tanti sono morti, e non invano se è servita a conquistarla o rafforzarla.
L'amore, se è vero e profondo, se è esistenziale e consustanziale ad una persona (sia un amico, sia una donna o un uomo), può rendere inevitabile la morte, quanto il distacco (per una separazione o per la morte del partner) diventa mutilazione insopportabile.
Vorrei leggere voci di consenso o anche di dissenso ragionato sul punto
Va bene. Considerato che un blog è anzitutto un diario, prima che un luogo di discussione, continuo il dialogo, per ora solo con me stesso, sulla passione.
Ho iniziato a scrivere un romanzo, sarebbe il mio secondo se riuscirò a terminarlo e a pubblicarlo. L'idea centrale è quella di una indagine giornalistica su una morte insolita di un barbone un po' particolare e diverso dai soliti.
L'improvvisato poliziotto, preso per caso nella rete di una piccola notizia di cronaca da tre righe, è un capocronista di mezza età, disilluso, stanco, invecchiato precocemente.
Seguendo labili tracce riuscirà alla fine a scrivere un "pezzo" che dalla notizia da tre righe ricaverà una storia per certi aspetti sconvolgente, che sarà per lui una ri-educazione sentimentale, uno squarcio sul grigiore della quotidianità.
Potrà farlo solo immedesimandosi, pian piano e indizio dopo indizio, nell'inconsueto barbone, dipanando il filo di fatti e persone lontane nel tempo e nello spazio.
Se riuscirò a scriverlo, sarà, come ho detto, il mio secondo romanzo.
Il primo, pubblicato nel 2004 da una editrice giuridica in una collana d'intreccio tra diritto e letteratura, è una storia completamente diversa, che racconta gli splendori e le miserie di una immaginaria (ma non troppo...) Suprema Corte degli Affari Amministrativi dell'immaginario principato di Silenia, e del suo Presidente Pompeo Anselmi.
Romanzo di genere giudiziario, dunque, la cui novità è che lo scenario non è quello delle preture tra le due guerre (Chiara) e nemmeno dei romanzi e delle pieces di Betti, ma quello di una alta istituzione giudiziaria amministrativa.
La collocazione editoriale del romanzo non gli ha consentito, ovviamente, di circolare oltre una stretta cerchia di lettori (magistrati e avvocati amministrativi, e qualche amico magistrato ordinario.
Nulla di paragonabile al successo nazionale e internazionale dei romanzi di Gianrico Carofiglio (vera rivelazione letteraria).
Ma va bene anche così.
Io, e credo chiunque si cimenti con un romanzo, scrivo anzitutto per me; se poi qualcuno legge e magari si emoziona, sono contento, ma poiché il mio lavoro è un altro non mi dolgo se i lettori sono pochi e se non raccolgo recensioni più o meno favorevoli di critici più o meno illustri.
Ecco, ho raccontato qualcosa di me in questo diario, a disposizione di chi vorrà anche per sola curiosità aprirlo.
Buona domenica
Grazie Wilcoyote per il contributo. L'Idiota è un romanzo meraviglioso, e nello scaffale di uno degli ultimi romantici ha un posto privilegiato. Confesso di averlo letto un po' tardi, quattro o cinque anni fa, ne avevo un ricordo sbiadito d'infanzia, uno sceneggiato televisivo anni '60 (forse tra il 1965 e il 1967) con un attore Umberto Orsini che forse nemmeno quelli della mia generazione ricordano, ma che recita ancora.
E tanto amo quel romanzo che nel mio piccolo ("I fasti di Pompeo") di cui ho parlato prima l'ho citato così (a proposito di un personaggio minore):
" “Aldobrandini -principiò il Presidente- so che mi sei vero e sincero amico. Ci conosciamo ormai da trentanni e sei l’unico cui consentirei di dormire con mia moglie, se ne avessi una, sicuro che ti comporteresti da perfetto gentiluomo, quale sei. In più, sei l’unica persona sincera della Suprema, e perciò non hai fatto alcuna carriera; eppure di ciò non ti sei mai lamentato, accettando con eroica dignità di corrispondere alla tua natura di uomo libero. Qualcuno dice che sembri il ritratto dell’idiota dostoevsckijano, ma non ha mai neppure sfogliato quel romanzo, altrimenti saprebbe che quell’idiota è incommensurabilmente superiore a tutti gli ominuzzi che lo circondano. In breve, vengo a te per un consiglio che riguarda una questione delicatissima."
Ma, andando oltre, non esiste, chiedo all'amico/a Wilcoyote, anche una "intelligenza del cuore"?
Domanda difficilissima.
Anzitutto, cos'è l'"intelligenza del cuore"?
E' una sorta di "educazione sentimentale"?
O è la capacità di regolare il cuore, e le passioni, attraverso l'intelletto?
Confesso che non so bene quale sia la risposta.
Il messaggio che viene dall'"Idiota", libro che a quanto pare amiamo entrambi, è però sicuramente nel senso che esiste un'intelligenza del cuore, e che senza di essa si rischia il suo opposto, cioè una sorta di "stupidità del cuore", che porta solo guai e infelicità.
Bellissima risposta.
L'intelligenza del cuore forse la si può comprendere solo a partire dal suo opposto, la stupidità del cuore, come dici.
In effetti, una risposta c'é ad esempio nel vangelo e nella catechesi, in cui l'idea è che il cuore, inteso come orientamento dell'anima verso l'amore (a partire dall'amore principale, che dovrebbe essere l'amore di Dio), è più intelligente, lungimirante, profondo e acuto della ragione.
Laicizzando il discorso, intelligenza del cuore potrebbe essere allora l'orientamento della propria esistenza e delle proprie scelte in funzione degli amori di cui siamo capaci, delle passioni genuine, che sono cosa diversa dagli impulsi.
A proposito, il personaggio di wile coyote, nonostante le sua rapaci apparenze e i suoi patetici tentativi di catturare Bip Bip, credo stia proprio bene nella galleria degli ultimi romantici, così tenace nella caccia sfortunata, così perdente e risorgente dalle sue ceneri, così illuso dell'efficacia dei marchingegni della "Acme", così solo in quel deserto di polvere, sassi e roccia.
Benvenuto nel club, per ora ristrettissimo, degli ultimi romantici, wilecoyote.
Grazie, hai colto benissimo: molti credono che quello che conta sia acchiappare lo struzzo.
Ma quello che conta è la passione che ci vuole per continuare a cacciarlo nonostante l'odiosa antipatia del bipede, nonostante la sfiga, e . . nonostante la ACME, che propina marchingegni tanto perfetti da rivelarsi inutili.
A questo punto, prenderlo oppure no diventa un dettaglio, più o meno come nella vita.
Hai aperto il tuo blog chiedendoti (e chiedendo) se ci sono passioni per cui vale la pena morire: diciamo che wilecoyote è un esempio di passione (perdente?) cui dedicare la propria vita.
Allora wilecoyoiote ha un fratello, presumo più grande, me. Il deserto è grande, ma abbiamo gambe buone per correre, direi.
Buona serata amico/a wilecoyote
Ho letto ieri sul Corriere della Sera un bell'articolo di David Leavitt sul film "Brokeback Mountain" di Ang Lee. Avevo sentito parlare di questo film da una amica, di cui mi fido ciecamente, che me ne aveva decantato la bellezza, forza e poesia.
La storia, credo nota ai più, è quella di due rudi cow boys che scoprono di amarsi, ma senza concessioni smancevoli al gay's politically correct.
Confesso che, da eterosessuale unidirezionale, ho una certa scettica avversione verso storie di amore omosessuali, ma l'articolo di Leavitt (andrò a vedere il film, a questo punto) mi fa capire che ci può essere dignità in un amore omosessuale come in un amore tradizionale eterosessuale, il punto non è "con chi", ma "come" e "perchè". Allo stesso modo può esserci squallore nell'uno e nell'altro, e il punto è sempre lo stesso.
Mi viene in mente anche una pubblicità elettorale che ho visto su un maxitabellone 6 x 3. C'è riprodotto un disegno da bambino, con due uomini baffuti che tengono per mano una bambina, e la frase, scritta sempre con grafia bambina, "Perché io ho due papà?".
Il manifesto è del gruppo regionale pugliese di Alleanza Nazionale, e certo graficamente e per contenuti di grande impatto, in una regione poi che ha un presidente dichiaratamente gay.
Ho difficoltà ad ammettere che l'affidamento preadottivo e poi adottivo ad una coppia gay sia una buona soluzione; però a volte mi chiedo se certe coppie eterosessuali siano davvero preferibili, e se sia in ogni caso preferibile che minori in stato di abbandono rimangano negli istituti o in c.d. case famiglia sino alla maggiore età.
La verità è complicata e variegata, oltre i personali pregiudizi, almeno questo sto imparando in questa mia maturità di quasi cinquantenne.
Mi piace chiudere con una frase di Leavitt, che è forse la sintesi più bella del film, e uno sguardo autentico e profondo sul valore di un vero e grande amore:
"Brokeback Mountain è la storia di un amore che non sa come definirsi, ed è proprio questa mancanza di un vocabolario adeguato a renderlo più eloquente".
Ecco, se di un amore etero o omo sessuale si può dire lo stesso, credo che si stia parlando di un grande e vero amore.
Uno di quelli per cui, secondo la mia provocazione, vale la pena di morire.
Nei miei bimensili viaggi a Roma ascolto spesso Radio Radicale, che dalle nostre parti si sente poco e molto male.
Ricordo nella mia ormai lontana giovinezza che i radicali baresi erano un gruppo di giovani fuoriusciti dalla federazione giovanile repubblicana.
Occupavano una nicchia piccola tra i movimenti giovanili, eppure, nonostante il massimalismo pannelliano, erano tra i pochi che discutevano di politica con vera autentica passione.
Il loro leader era Alex Napoli (poi per un certo periodo consulente del sindaco di centrodestra di Bari Simeone Di Cagno Abbrescia), ma c'era tra i più attivi e intelligenti (oltre a Pier Carlo Villani, Aldo Ligustro, Massimo Benedettelli, Gianfranco Viesti) anche Gaetano Quagliariello.
Ora Gaetano Quagliariello è il consulente culturale del Presidente del Senato Marcello Pera, ovvero di un laico teocons.
Nessuna meraviglia, anche Francesco Rutelli si è scoperto neodemocristiano di ritorno.
Il problema dei radicali è che, pur avendo sempre difeso la laicitià della politica, contro le chiese cristiana e marxista, tendono a fare della loro laicità (o laicismo?) una chiesa.
Con tutti i loro limiti, però, sono un partito che si sforza di seguire nel dibattito politico i temi "emergenti" dei nuovi diritti, sia pure in una cornice ideologica di solido impianto "borghese" (come si sarebbe detto nei miei anni giovanili).
Ed in questo, bisogna riconoscerlo, mettono una passione politica e civile ammirevole.
Forse la scena politica italiana ha proprio bisogno di un soggetto come "La rosa nel pugno", anche se l'impronta la danno i radicali e non i socialisti boselliani, come d'altra parte mi pare giusto e logico. Mica è facile gestire l'eredità del più antico partito italiano giacente da oltre un decennio dopo il terremoto di tangentopoli.
Si, direi che è giusto cogliere nella RnP un esempio di passione civile.
Quanto a Bertinotti, se si vuol fare il presidente della Camera bisogna pur concedere qualcosa al moderatismo; e in ogni caso preferisco il moderatismo bertinottiano al falso movimentismo dilibertiano, orientato solo a intercettare voti disobbedienti ed espressione di un radicalismo da comunismo salottiero.
Ma wilecoyote cosa dice di questi temi?
Apriamo un altro fronte di discussione, questa volta su temi civili e socio-economici, con chiare ed evidenti ricadute politiche.
Il nuovo governatore della Banca d'Italia Draghi, alla sua prima uscita ufficiale al Forex di Cagliari, ha sostenuto che l'Italia non è avviata a un declino irreversibile, anche se soffre di ritardi strutturali che vanno colmati al più presto.
In queste settimane, non sembra che l'agenda politica, presa dalla campagna elettorale e dall'inseguimento di temi contingenti, stia assegnando particolare considerazione al problema di fondo: come governare (se si può) una trasformazione economica che conservi e rilanci la competitività del c.d. sistema Paese (che brutta espressione!) e però garantisca un nucleo minimo e irriducibile di diritti.
Il problema non è soltanto italiano, ma europeo e in effetti mondiale.
Non lo avvertono quei paesi in via di rapido sviluppo in cui il mercato fa premio su tutto, compresa l'ibrida formula cinese del c.d. capitalismo di Stato; ma tra un po', quando il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni consentirà di guardare al companatico dei diritti, oltre che al pane, dovranno porselo anche loro.
La logica che basti lasciare al mercato e alle sue regole le regole del gioco (per riprendere il titolo di un saggio di Guido Rossi che mi riprometto di leggere, e che si chiama significativamente "Il gioco delle regole") credo abbia vista abbastanza corta.
Il mercato non può vivere senza regole, altrimenti è una giungla; e anche nella giungla almeno i rapporti di forza strutturano delle regole minime.
Il mercato non può essere regola a se stesso, né fonte di regole.
La politica non può eclissarsi nella contemplazione del mercato, intenta solo a eliminare le pietre d'inciampo sul cammino del libero dispiegarsi delle forze.
Lo capirebbe anche un bambino.
Ma non vedo, a destra come a sinistra, né diagnosi accurate né terapie appropriate.
D'altra parte l'idea di un governo del mercato affidato ai vecchi Stati-Nazione ha vista ancora più corta.
Solo la presunzione di una sempre più sbiadita grandeur dei francesi (anche loro ultimi romantici, ma in senso sciovinista deteriore) può credere di poter far da sola approfittando della debolezza delle istituzioni europee.
Sulle quali forse Tremonti ha detto una cosa giusta accostandole alla vecchia "Società delle Nazioni", dal cui fallimento nacquero le avventure aggressive del nazifascismo, ed è finita con qualche milionata di morti, l'atomica di Hiroschima e Nagasaki, città, società, vite distrutte o comunque irrimediabilmente segnate.
Che ne pensate di questo ulteriore tema di discussione?
Il discorso sui radicali diventati teo-con non merita secondo me molto spazio su un blog dedicato agli ultimi romantici: trattasi di banale opportunismo, ammantato di pretese culturali spesso di scarso spessore.
E' forse poco opportuno farne una questione generale: si tratta di scelte personali di chi sta sempre con chi gli garantisce maggiore visibilità (il problema, in fondo, più che politico, è psicoanalitico).
Costoro saprebbero certamente cosa rispondere all'interrogatico con cui hai aperto il dibattito: non vale la pena morire per nessuna ragione al mondo, perché le passioni si cambiano in funzione delle convenienze del momento.
Ieri, piuttosto, ho visto "Notte prima degli esami", un film non da oscar, ma con molti accenni ai temi di questo blog.
Mi è piaciuta molto l'interpretazione di Faletti, che a un certo punto dice una frase del tipo: "Non importa dove arrivi, l'importante è quanta passione hai messo nel viaggio per arrivare".
Banale? Non credo, di questi tempi.
E poi è bellissimo vedere un film ambientato nel 1989, in cui per comunicare non si utilizzava il cellulare ma le parole e le emozioni
Hai proprio ragione Wilecoyote sui radicali neo-teocon (o teocons?).
Li ho citati solo perché il contrasto tra ciò che alcuni di loro erano e ciò che sono diventati è davvero "radicale".
Andrò a vedere "Notte prima degli esami", che tra l'altro riprende, non credo per caso, una bella canzone di Antonello Venditti.
Il film è ambientato nel 1989, ma la canzone credo sia di qualche anno prima, perché all'epoca avevo ventidue-ventitré anni o giù di li.
Ma in quegli anni, oltre al cellulare, non si usava nemmeno il computer e internet, e da ultimo romantico mi associo, forse si stava meglio.
Ma vorrei saperne di più sul film, dato che la frase di Faletti (mi pare faccia la parte di un professore carognesco) è già una traccia interessante.
Chiedo troppo se ne parli ancora un po?
Non vorrei privarti del piacere di scoprire il film, ma ti anticipo solo che Faletti, apparentemente il classico-professore carogna, è in realtà l'ultimo dei romantici (e come tale, in fondo è anche un po' carogna: ma solo in apparenza, direi quasi per difendersi, e l'apparenza si dissolve non appena incontra un altro animo romantico).
Per il resto, c'è una bellissima Roma primaverile, e soprattutto una colonna sonora molto, molto nostalgica (da Raf ai Duran Duran, passando,ovviamente, per Venditti).
Ripeto, non è un'opera d'arte: ma piace sicuramente agli ultimi romantici il riferimento del film alla passione come guida delle scelte di vita.
Grazie Wilcoyote, leggerti è sempre un piacere e le cose che dici hanno profondità e spessore e soprattutto grande forza evocativa, come è tipico di uno del club degli ultimi romantici.
Non so se un fondo di carognaggine almeno apparente ci sia nella nostra cerchia, se c'è è un riflesso difensivo come dici, ma poiché per essere davvero carogne bisogna mettersi al di sopra di tutto e tutti, direi che le prendiamo sempre e comunque.
L'odioso struzzo è la vera icona della carognaggine, e infatti la passa sempre liscia.
Poiché vado a Roma una settimana si e una no, cercherò di vedere il film nella sua "location" originale (si dice così?) in una sera primaverile, in modo che, uscendo, e camminando sui sampietrini del centro, continuerò a respirare l'aria del film.
Quanto agli Oscar, checché se ne possa dire sono un premio essenzialmente commerciale, e non sempre colgono nel segno.
Buona serata Wilcoyote, il deserto è meno vuoto se ci sei tu.
Solo un rapido saluto ai pochissimi del club e in particolare a Wilecoyote.
Sono a Roma, la giornata è primaverile, la serata non molto fredda, lo scenario evocativo del film "Notte prima degli esami", che andrò a vedere appena possibile seguendo i suggerimenti dell'amico Wil
Non ci crederai ma oggi, più tardi, e ci sarai anche tu, mi appresto a lodare che una volta tanto ha fatto prevalere le "ragioni del cuore". Avrei usato proprio queste stesse parole e giuro non avevo ancora letto nulla del tuo blog!! Questi Acquari....
Gerardo
Gerardo è socio ad honorem naturaliter di questo ristretto club.
Reca in se, anche nell'aspetto fisico, le stigmate del romantico.
Alto, magro, occhi e capelli (non moltissimi, però) chiari, acquariano, lo immagino reincarnazione di un giovane letterato della prima metà dell'ottocento,infiammato da ideali di patria, nazione e libertà, nemico della tirannia, dei Re per grazia di Dio (anzitutto e solo ipocritamente poi per volontà della Nazione), della sbirraglia di presidio e oppressione, delle laide spie...
Questi uomini, quando non ebbero la ventura di finire sotto il piombo delle cariche degli eserciti alle barricate o nelle fetide segrete di fortezze come lo Spilberg, divennero il nerbo della classe dirigente liberale che costruì lo Stato di diritto.
Purtroppo, allora come ora, essendo gli spiriti nobili una minoranza fastidiosa, ben presto vennero sopppiantati o marginalizzati dai maneggi della parte più arruffona, arraffona e impresentabile di una classe dirigente, da quelli, tanto per intenderci, che erano saliti sul carro vincente all'ultimo momento o avevano coltivato solo ambizioni personali, anziosi di sostituire le vecchie classi dirigenti dispotiche per esercitare, nella stessa logica, il potere.
Ma a noi ultimi romantici, come ai primi romantici, resta un compito essenziale di presenza e testimonianza; come i semi delle parabole evangeliche dobbiamo cadere nella terra e aspettare con umiltà che nasca qualche germoglio.
Voglio bene a Gerardo perché mi fa sentire meno solo (ma Wilcoyote è proprio sparito?) e rafforza la convinzione di rimanere da questa parte della barricata.
Gli ultimi romantici, come i bambini, non capiscono il mondo degli adulti, meglio non capiscono come gli adulti possano dissociare i loro comportamenti dalle loro passioni, in funzione più o meno utilitaristica.
Gli ultimi romantici, come i bambini, non hanno vere malizie e dicono quello che pensano e sentono senza curarsi che ciò corrisponda ai loro interessi.
Gli ultimi romantici pensano che possa e debba esistere una unità di vita tra cuore e ragione, poiché non sono capaci di dissociazioni che vedono come schizofreniche.
Essere ultimi romantici è un privilegio e una dannazione perché si soffre infinitamente di più.
Ma non si sceglie di essere ultimi romantici, lo si è.
Ho scritto questo post qualche giorno fa su un'altra sezione del blog.
Mi sembra che sia un succinto ma compendioso (come si raccomandava una volta dai professori delle scuole medie superiori quanto alla stesura dei temi d'italiano) "MANIFESTO" ideologico-programmatico.
Allora lo ripropongo nella sezione principale.
Caro Leonardo, il manifesto è bellissimo, come del resto il blog: mi ricorda un po' "il piccolo principe", un po' altri libri cari che ho amato da buon ultimo romantico.
A proposito, visto che in questo blog si parla spesso di film e libri che ispirano gli ultimi romantici, vorrei segnalare ai tuoi lettori il libro che a me è piaciuto di più da questo punto di vista, "L'amore ai tempi del colera".
Credo che uno dei manifesti degli ultimi romantici sia l'ultima pagina del romanzo:
“Florentino Ariza lo ascoltò senza battere ciglio. Poi guardò dalle finestre il cerchio completo del quadrante della rosa dei venti, l’orizzonte nitido, il cielo di dicembre senza una sola nuvola, le acque navigabili per sempre, e disse:
‘Andiamo a dritta, a dritta, a dritta, a dritta, ancora verso La Dorada’.
Fermina Daza sussultò, perché riconobbe l’antica voce illuminata dalla grazia dello Spirito Santo, e guardò il capitano: era lui il destino. Ma il capitano non la vide perché era annichilito dal tremendo potere di ispirazione di Florentino Ariza.
‘Lo dice sul serio?’ gli chiese.
‘Fin da quando sono nato’ disse Florentino Ariza, ‘non ho detto una sola cosa che non sia sul serio’.
Il capitano guardò Fermina Daza e vide sulle sue ciglia i primi fulgori di una brina invernale. Poi guardò Florentino Ariza, la sua padronanza invincibile, il suo amore impavido, e lo turbò il sospetto tardivo che è la vita, più che la morte, a non avere limiti.
‘E fino a quando crede che possiamo continuare con questo andirivieni del cazzo?’ gli domando.
Florentino Ariza aveva la risposta pronta da cinquantatré anni sette mesi e undici giorni, notti comprese.
‘Per tutta la vita’ disse”.
Giovanni
La chiusa del romanzo segnalato da Giovanni vale da sola molti romanzi più o meno celebrati di questi tempi, e di sicuro di maggiore cassetta.
Un romanzo è grande quando da una sola frase trasuda il suo senso, lo ricapitola, lo rende abbagliante come il riflesso del sole su cime innevate.
La frase citata da Giovanni possiede questa rara qualità.
Non sono gli "incipit" sono gli "exitus" dei romanzi che contano, anche se sulle rubriche dedicate ai libri, ad esempio sui quotidiani, si citano i primi e non i secondi.
Si tratta del riflesso dell'esigenza di catturare l'attenzione di lettori svogliati e distratti, l'amo lasciato penzolare qualche metro sotto il pelo dell'acqua con un'esca più o meno appetitosa o con qualche oggettino luccicante.
Ho scritto un romanzo che sia Gerardo che Giovanni hanno letto; eppure molti sono stati catturati dall'intreccio narrativo senza soffermarsi troppo sulla sua chiusa che è, per me, la vera chiave di lettura della storia, e che infatti è stata quella più complicata da mettere a fuoco.
Ciò accade, ovviamente, anche perché tra chi scrive e chi legge non può, e forse non deve, esserci consonanza, come nelle migliori tradizioni delle grandi storie d'amore da ultimi romantici, dove l'uno esprime qualcosa che l'altro non intende o intende male, o non vuole intendere.
Scrivere e leggere è un atto d'amore e le dinamiche profonde potrebbero essere le stesse.
Di Giovanni dirò che il suo aspetto è tutt'affatto diverso da quello di Gerardo; alto, anzi monumentale, aitante, dai tratti belli e decisi, lo immagino nei panni di un crociato di terra santa, di un re-guerriero medievale, di un ufficiale della guardia napoleonica alla Cambronne.
Il suo romanticismo è forza e passione, parola elegante e tagliente, assoluta trasparenza di idee, declinate senza timori reverenziali.
Benvenuto Giovanni in questa landa che pian piano va popolandosi.
Quanto a Wilcoyote, comprendo che preferisce il saio missionario a quello contemplativo; e non è detto che non si possa indossare ora uno ora l'altro a seconda delle circostanze. Ciò che conta, in fondo, è servire lo stesso padrone, il cuore.
Un abbraccio (con)fraterno.
Da oggi Gerardo diventa Gerry. Così permetto di chiamarmi agli amici veri e Leonardo è tale.
La tua descrizione dedicata alla mia persona mi ha molto colpito. Un giurista liberale dell'800.
Ti devo confessare in realtà una cosa, e spero non venga interpretata come immodestia. Come molti "acquariani" sono affascinato non poco dalle scienze, in particolare dall'astronomia e dall'astrofisica. Non ho scelto un ramo universitario scientifico anche per le solite "persuasioni" familiari. Detto questo (mi raccomando ripeto: non scambiatemi per immodesto)ho scoperto di essere nato esattamente 400 anni dopo Galileo Galilei (15 febbraio 1564-1964 per l'esattezza). A questo punto sono andato a caccia di biografie (tra i suoi scritti una delle ultime collane del Sole 24 ore)e sono incappato (risvegliandomi sul divano nelle mie notti semi-insonni) in una bellissima biografia televisiva di RAI educational.
Sai cosa mi ha colpito di più? non le sue scoperte (in gran parte mirabili applicazioni di invenzioni in rfealtà altrui) ma come, non si direbbe, è dovuto scendere a compromessi con la realtà socio-politico-religiosa del tempo. Tremendo. Forza e debolezza; tenacia ed opportunismo. Forse il suo vero mondo era quello che, come nessun altro, era riuscito a vedere tramite il cannocchiale. Un mondo perennemente in tempesta. Un eterno turbinìo come la macchia rossa su Giove.Un altra notte ti parlerò di ciò che penso di un altro personaggio illustre (napoletano) nato il 15 febbraio... Un abbraccio
Gerry
Scusa la divagazione (ma ti rendi conto abbiamo fatto 11 azioni da gol contro una!!!?)
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