mercoledì, marzo 29, 2006

Tra cambiamenti climatici e bufere elettorali

Nel linguaggio politico giornalistico è invalso l'uso di espressioni del tipo "Bufera su...", "Ciclone su...", "Uragano di...", volta a volta riferiti a esternazioni più o meno incaute di questo o quell'esponente politico, inchieste giudiziarie su ambienti finanziari con risvolti su circoli più o meno istituzionali e politici, e via discorrendo.
Forse questa sensibilità "climatologica" nasce proprio da un'angoscia nemmeno troppo sottile e velata per i cambiamenti climatici in atto.
Che non ci siano più le mezze stagioni, che i confini tra le stagioni siano vaghi, che in un contesto stagionale convivano fenomeni più o meno estremi e contraddittori, è esperienza quotidiana.
Abbiamo avuto un inverno molto rigido, freddo, nevoso, avremo probabilmente la "solita" estate calda e umida.
Il successo di film come "The day after tomorrow" nasce dall'esigenza di esorcizzare, attraverso una fantasy terrificante e nella sua troppo rapida concatenazione di eventi poco credibile, e quindi in qualche modo rassicurante, quell'angoscia d'insicurezza che prende alla gola rispetto a fenomeni che sappiamo di non poter controllare.
Forse un severo e serio impegno sui Protocolli di Kyoto, un'inversione reale di tendenza sull'emissione di gas serra in atmosfera, l'uso intelligente e parsimonioso delle risorse naturali, prime tra tutte l'acqua (il controllo delle fonti idriche nel futuro sarà strategico come e più del controllo delle fonti di energia), la costruzione di fonti di energia alternative rispetto alla monocultura petrolifera, potrebbero modulare almeno i tempi dei cambiamenti climatici, se non fermarli prima che sia troppo tardi.
Uno studio pubblicato credo su Science e basato su osservazioni relative al decennio 1985-1995 delinea scenari inquietanti, proprio da Day after tomorrow, con l'interruzione della corrente del Golfo nel suo flusso verso nord, la desalinizzazione delle acque marine per effetto dello scioglimento dei ghiacci del pack artico e della Groenlandia, e una glaciazione a venire dell'emisfero settentrionale.
Dietro i fastidi e le insofferenze per i rigidi inverni e le torride estati (e in questo paese siamo ancora fortunati perché non conosciamo la forza distruttiva di uragani come Katrina, di inondazioni come nei paesi asiatici, di siccità devastanti come quelle che fanno avanzare il deserto nell'Africa subsahariana), con il bollettino di morti di freddo e di caldo che colpiscono i più deboli (bambini e anziani), si cela la percezione dell'accresciuta precarietà delle condizioni basilari dell'esistenza.
Fa un po' ridere, dinanzi alla dimensione di questi problemi, la "bufera" elettorale che imperversa in questa primavera, il clima da scontro finale tipo Alien-Berlusconi vs. Predator-Prodi (o Prodator?), la delineazione di un 11 aprile come un day after tomorrow di macerie, lacrime e sangue per i vinti.
I "fenomeni estremi" della politica italiana sono soltanto il segno della sua povertà di idee, cultura e civiltà. Come meravigliarsi del declino italiano se questa è la classe politica che dovrebbe tracciare la rotta? La crisi italiana nasce dalla insufficienza della sua classe dirigente, nel senso più largo del termine, dagli imprenditori, agli intellettuali, ai burocrati, ai ceti professionali, agli stessi servitori dello Stato (compresi i magistrati, e se lo dice un magistrato gli si può credere).

1 commento:

Chris ha detto...

leo purtroppo i nostri politici sono lo specchio degli italiani. Spero davvero si possa cambiare tendenza. Teniamo botta!!! (come si dice da noi)

P.s A quando il tuo primo pezzo sul mio blog? Attendo fiducioso:)

Ciao;)