sabato, aprile 29, 2006

Titanic: navigando a vista tra gli iceberg


La giornata di ieri è stata meno convulsa di quella d'insediamento delle Camere. E ha raggiunto i primi risultati istituzionali necessari: l'elezione dei Presidenti dei due rami del Parlamento.
Bertinotti è stato eletto al quarto scrutinio quando era necessaria la maggioranza assoluta, con 337 voti, ma D'Alema ha raccolto ancora più voti degli scrutini precedenti spingendosi sino a quota 100 (le schede bianche sono state 144, le nulle 6, i voti dispersi 11).
Marini è stato eletto (dopo l'annullamento del secondo scrutinio) al terzo scrutinio, in cui era sufficiente la maggioranza semplice dei presenti, che però erano ben 322 (e cioé i 315 più i 7 senatori a vita), e ha conseguito 165 voti, contro i 156 di Andreotti e 1 sola scheda bianca.
Nei discorsi d'insediamento entrambi hanno ricordato il 25 aprile e il 1° maggio, cogliendo come la loro elezione si ponesse a metà strada tra le due ricorrenze; più orientato ai temi consueti della tutela dei meno abbienti e delle nuove povertà il discorso di Bertinotti, con accenti vibrati sulla Resistenza nel richiamo a celebri parole di Piero Calamandrei; più "istituzionale" e scontato il discorso di Marini, entrambi hanno ringraziato i predecessori e si sono dichiarati impegnati al ruolo di garanzia che le rispettive cariche istituzionali esigono, evidenziando l'esigenza del rilancio della centralità del Parlamento, nei suoi due rami.
In una rapida dichiarazione televisiva, colta al volo, un Prodi evidentemente soddisfatto e con un largo sorriso, ha commentato in chiave calcistica "2 a 0".
Berlusconi, dal canto suo, ha assicurato opposizione dura e tenace, e non solo in Parlamento, scatenando così un'ennesima polemica da parte dell'Unione (data la minaccia, non tanto velata, di portare l'opposizione nelle piazze), e l'ennesima precisazione di Bonaiuti, che rilanciava ricordando come l'attuale maggioranza non abbia perso occasione per contestare il Governo Berlusconi proprio nelle piazze.
A parte qualche "Tax Day", "Devolution Day", etc. etc., è un po' difficile immaginare l'elettorato polista coinvolto in larghe manifestazioni di piazza, e comunque dubito che il tentativo di resuscitare i fantasmi della c.d. "maggioranza silenziosa" (che ora poi silenziosa non è tanto) possa giovare alla causa della CdL.
Le due elezioni dicono cose solo in parte convergenti.
L'Unione ha passato, con le difficoltà intuibili al Senato, la prima prova della legislatura.
Marini, alla fine, ha conseguito tre voti in più di quelli necessari e previsti ai primi due scrutini, e questo è per lui di certo un buon risultato; è vero che in quei 165 voti confluiscono la gran parte dei voti dei senatori a vita (solo due, sembra di capire, sono andati ad Andreotti: quello dello stesso divo Giulio e di Pininfarina), e che tra questi almeno 2 non saranno di certo disponibili a presidiare il Senato (la Levi Montalcini per l'età e Cossiga perché non sta bene, come lui stesso ha dichiarato intervenendo in apertura di seduta al Senato).
Andreotti non è riuscito ad andare oltre i 156 voti, non ha avuto cioé forza attrattiva nei confronti dell'elettorato del campo avverso, quindi non è riuscito nell'intento politico di porsi come candidato "istituzionale", "bipartisan" e di "garanzia". Era una missione forse impossibile, ma il suo fallimento ha comunque un significato.
Per quanto esile la maggioranza unionista, rinforzata dalla pattuglia dei senatori a vita, ha tenuto alla prima prova, nella notte evidentemente sono stati somministrati "antidolorifici" ai "maldipancia" che avevano portato tre senatori a esprimere un voto chiaramente nullo ("Francesco Marini"), i segnali che esso lanciava sono stati colti, le trattative hanno avuto presumibile buon esito per i tre reprobi (chissà se Mastella diventerà Ministro della difesa? C'è da scommetterci).
Alla Camera danno da pensare i 100 voti per D'Alema: le manifestazioni di attenzione e gli occhieggiamenti per "baffino" da parte di settori della CdL non sono così discrete da non essere notate.
Quei voti sembrano un segnale, questa volta di almeno una parte dell'opposizione.
Se tale indizio si congiunge alle dichiarazioni di Berlusconi, alla nemmeno troppo velata minaccia insita nella promessa di fare opposizione non solo in parlamento, alla rivelazione che vi sarebbero stati "accordi" o comunque intese più o meno implicite sull'affidamento dell'incarico di governo da parte del successore di Ciampi, il senso di una operazione possibile potrebbe essere quella di una disponibilità a convergere su D'Alema come presidente della Repubblica.
Sul colle più alto D'Alema potrebbe costituire elemento di riequilibrio rispetto a Prodi e alle ali più estreme della maggioranza unionista, garanzia che non vi saranno "vendette" o leggi "contra Berlusconem" più o meno punitive, e chissà, qualora la marcia del Prodino dovesse esser corta, anche di governi di più larghe intese.
Tutto si gioca a partire dal 2 maggio, quando Berlusconi si recherà da Ciampi per rassegnare le dimissioni: se Ciampi, come sembra, dopo un rapidissimo giro di consultazioni e nell'arco di 24 ore affiderà l'incarico a Prodi, ciò potrebbe far saltare l'ipotesi di D'Alema al Quirinale, se Prodi riuscirà come sembra a questo punto possibile a presentare la lista dei ministri e ottenere la fiducia.
Se invece Ciampi dovesse tener duro e lasciare tutto nelle mani del suo successore, potrebbe davvero rafforzarsi la candidatura di D'Alema, anche se c'è da immaginare che ampi settori della maggioranza unionista non vedano affatto di buon occhio questa prospettiva (i diellini della Margherita, certi settori di minoranza dei DS, RC, PdCI, Verdi, Di Pietro, RNP...).
Gli scenari sono davvero abbastanza fluidi, a questo punto.
Nell'immediato il tempo gioca a favore dell'Unione, anche perché un'eventuale (più che probabile) sconfitta della riforma costituzionale al referendum confermativo di fine giugno smarcherebbe la Lega.
D'altro canto l'ipotesi del partito unico dei moderati, benché meno remota di quella del partito democratico, deve scontare molti dubbi soprattutto da parte dell'UdC che, con l'isolamento totale di Follini, rischia una miniscissione: e d'altra parte il partito unico dei moderati affosserebbe l'idea del "polo di centro", ossia della ricostituzione di una DC unitaria, che è nelle aspirazioni degli uddiccini.
Nel frattempo, però, l'Italia naviga a vista tra gli iceberg, come il Titanic

1 commento:

Chris ha detto...

Ti dico che è un bel post qua, penso che ne sari soddisfatto.
Ti hanno anche messo in prima pagina su Tocqueville. Penso ne sarai soddisfatto e da un pò che ci linkano parecchio. Evidentemente come sospettavo, non scriviamo cazzate per questo ti ho scelto. Ciao e a presto. (fammi sapere quando vieni a Roma)