Scrivo poco, lo so, preso da molte cose che servono a riempirmi la vita.
Eppure la vita a volte ti viene addosso come un sinistro autoarticolato, del tipo di quellì'icona del male che è l'autotreno di "Duel", opera giovanile di Steven Spielberg.
Ieri mattina stavo tornando da Roma e ho chiamato al telefono un amico, che è come e forse più di un fratello, che possiede quella saggezza, quel senso delle cose, quella profonda intelligenza degli altri che a me spesso fa difetto.
Ci completiamo, siamo come dice lui una "squadra".
Il mio amico appena qualche ora prima era stanco, dopo una settimana di lavoro intensa, ma sereno e contento, perché avrebbe dedicato il fine settimana alla famiglia, alle sue tre splendide bambine, in compagnia dei loro nonni, che dovevano partire dal loro paese in quel di Caserta alla volta di Roma, per stare assieme in occasione della "festa dei nonni".
E invece è toccato a lui tornare al paese, per sostenere lo strazio della morte improvvisa del padre.
Se la vita è una trama, un tessuto di legami, sentimenti, doveri, abitudini quotidiane, aspettative, nulla è più doloroso della lama acuminata che senza preavviso, senza ragione, con la violenza del fatto e del destino brutale, la squarcia in un punto, lasciando intravvedere dallo squarcio il mistero buio del suo senso inconoscibile.
So cosa significa perdere il Padre, ci sono passato. So che in quei momenti affiora un senso di colpa pesante e insensato, la sensazione di non aver fatto abbastanza, di non aver vissuto abbastanza quel rapporto, di aver lasciato che la quotidianità affogasse e diradasse più abbracci, più baci, più parole.
Tutto è insopportabile, inadeguato, vano e vacuo, anche le parole dette col cuore diventano frasi di circostanza.
C'è solo un momento in cui il groppo alla gola si scioglie e la morsa allo stomaco si allenta: quando, guardandosi allo specchio, una mattina, magari facendo la barba, si scorge nell'immagine riflessa qualcosa, uno sguardo, la piega della bocca, un piccolo sorriso, che apparteneva a Chi si è perduto, a Chi ci ha lasciato e ha chiuso gli occhi alla luce di questa vita, per aprirli per sempre, si spera, a una luce più grande, calda, luminosa, eterna.
Solo questo posso augurare al mio amico-fratello: che questo momento giunga presto.
sabato, ottobre 28, 2006
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2 commenti:
ho quasi pianto.
Ho pianto anch' io ...
Comunque grazie ... leggere che quello che hai provato è sentimento condiviso dà un certo sollievo, allevia il proprio senso di colpa ...
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