Il discorso di berlusconi a onna, che ho riportato nel precedente post, fornisce spunti di riflessione se non si vuole semplicemente ignorarlo o sommergerlo di fischi e lazzi in base all'idea che tutto quello che viene dal Cav. è aria fritta, chiacchiere, puro marketing di corto respiro, come nelle televendite di una batteria di pendole o di un servizio di piatti.
Intanto c'è un fatto nuovo, incontestabile: dopo anni di ostentata indifferenza e sostanziale ostilità verso la celebrazione del 25 aprile, berlusconi riconosce che da quella data non si può prescindere.
Certo, non manca qualche insopprimibile spunto polemico, ma appena velato, soffuso, come ad esempio nel passaggio in cui, accostando la Resistenza e il Risorgimento, e riconoscendone l'importanza come miti fondativi dell'identità nazionale, sostiene, contraddittoriamente, che una Repubblica e una democrazia moderna non deve aver bisogno di miti fondativi.
In realtà il concetto che berlusconi vuole esprimere è che occorre conservare il mito fondativo depurandolo da una retorica resistenziale che non ne accresce ma può offuscarne il valore unitario, e in questo si coglie l'eco delle polemiche suscitate dai libri di giampaolo pansa sulla scia di sangue che seguì le radiose giornate dell'aprile 1945, delle tante vendette, a volte solo private, che colpirono i vinti.
Un altro aspetto del discorso è l'idea di una ricomposizione della visione della Resistenza come guerra assieme di popolo e di militari, e questo lo ricollega alle rivendicazioni che per primo, e senza suscitare alcuno scandalo, ha fatto carlo azeglio ciampi sul valore e l'eroismo dei soldati, sottufficiali e ufficiali italiani che rifiutarono di consegnare le armi all'esercito tedesco, pagando o con l'eccidio (come a cefalonia) o con la deportazione nei campi di prigionia, o ancora aggregandosi e collaborando agli eserciti alleati e con le formazioni partigiane.
E' però inedito e importante il riconoscimento del contributo di tutti i partiti politici della Resistenza e poi della Repubblica allo sforzo della liberazione e della costruzione di un sistema democratico, a partire dalla Costituzione repubblicana, compreso il P.C.I. e compreso Palmiro Togliatti: mai da berlusconi erano state pronunciate parole di chiara legittimazione del contributo dei comunisti "storici" alla riconquista della libertà nazionale e alla costruzione della Repubblica.
Certo, l'uomo non riesce proprio a resistere dall'inserire nel ricordo collettivo la sua aneddotica familiare, ciò che pure può essere umanamente comprensibile ma che inserisce una nota stonata nel discorso: ma è un breve passaggio e non ne menerei scandalo assoluto.
La prospettiva "politica" nuova è però nell'indicazione dell'Anniversario della Liberazione come "Festa della Libertà", come momento cioé in cui si salda la sconfitta dell'invasore tedesco e del suo alleato fascista alla ricostruzione di una nuova democrazia, che seppe tenersi salda e seppe evitare di ricadere (anche e sopratutto, per le scelte di Yalta, e per la sofferta fedeltà togliattiana alle ragioni della svolta di Salerno) in una guerra civile e nella tentazione di una svolta rivoluzionaria che, se compiuta, l'avrebbe precipitata nel regime totalitario staliniano.
Può darsi che il Caimano non cambi mai pelle, può darsi che inizi a porsi il problema di un rapporto con la storia, è probabile sopratutto che si renda conto che le sue ambizioni presidenziali non possono realizzarsi in un contesto nel quale una larga minoranza gli nega ogni legittimazione democratica.
Quali che siano le ragioni di questa svolta berlusconiana, se le parole che ha pronunciato ieri saranno seguite dai fatti, da una vera apertura all'ascolto delle opposizioni politiche e sociali, da una dimostrata capacità di andar oltre i suoi antichi vizi (non sono affatto ottimista, al riguardo, lo dico subito), potrebbe darsi che a settantaquattro anni berlusconi avvii un rinnovamento del berlusconismo e dia una prospettiva a una formazione politica nata e vissuta come partito-azienda ma ora inevitabilmente diversa con la confluenza di an, di partito conservatore moderno, sullo stampo dell'Old grand party americano, e che per converso si avvii il confronto con un pd che incarni davvero, con tutte le differenze, il modello di un partito progressista che anche oltre il nome assomigli al partito democratico statunitense.
Lo scopriremo solo vivendo.
sabato, aprile 25, 2009
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